Continuano le manifestazioni a Hong Kong contro la nuova legge sulla sicurezza del governo cinese.
Gli Stati Uniti hanno reagito dichiarando che la regione non è più sufficientemente autonoma dalla Cina e minacciando Pechino con sanzioni commerciali.
Ma dall'altra parte dell'Atlantico, l’Unione europea preferisce mantenere un approccio timido.
Dopo una videoconferenza con tutti i 27 ministri degli affari esteri il capo della politica estera dell'UE, Josep Borrell, ha difeso il principio "un paese, due sistemi" ma senza prevedere sanzioni per la Cina.
"Continueremo a discutere con Pechino- ha affermato venerdì - La nostra reazione deve essere proporzionale ai passi che hanno già intrapreso e continueremo a cercare di fare pressione sulle autorità cinesi al fine di renderle consapevoli che questo problema influenzerà il modo in cui affrontiamo alcune delle questioni di reciproco interesse".
Alcune economie europee sono fortemente dipendenti dalla Cina e tutto ciò rende difficile ai 27 prendere una posizione univoca.
La patata bollente sarà presto in mano alla Germania. Il paese guiderà l’Unione europea a partire da luglio e ci sono grandi speranze che queste divisioni interne finiscano
Urmas Paet, eurodeputato ed ex ministro degli affari esteri dell'Estonia ritiene che Berlino sia la sola a poter riuscire nella mediazione.
"Se non la Germania, chi altri è in grado di farlo? Ma ovviamente anche la Germania da sola non può fare tutto. Ciò significa che le capitali europee dovranno capire che bisgona stabilire relazioni efficienti e stabilire politiche efficienti con la Cina che richiedono un approccio comune in Europa. L’Europa è forte solo quando siamo uniti, anche nelle relazioni con la Cina", ha dichiarato a Euronews.
L’Europa cerca di trovare una via di mezzo nello scontro tra Stati Uniti e Cina ma il rapporto con Pechino rimane complicato.